START UP, È TEMPO DI USCIRE FUORI DAL CLUB!

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Purtroppo, confrontandomi quotidianamente con molte persone, la sensazione che raccolgo è che il desiderio di dare forma alle idee più innovative sia considerato appannaggio di un piccolo gruppo di visionari, oppure di imprenditori arrivisti che puntano unicamente a una buona exit o, ancora, di startupper che riempiono le copertine dei giornali, ma che in realtà sono poco credibili sul piano pratico. A costruire tale scenario contribuiscono le esagerazioni mediatiche che, spesso, rappresentano il fenomeno delle Start Up come un modo per creare ricchezza in pochissimo tempo oppure un gioco, un divertimento per giovani dalle grandi ambizioni. Ma le Start Up sono davvero solo questo? Vivendo, lavorando e respirando ogni giorno l’aria dell’innovazione non posso che dissentire. Il mondo delle Start Up è un terreno vastissimo, che ha bisogno di buoni fertilizzanti per crescere e di un buon vento per spargere i propri semi e continuare a germogliare. Basterebbe una leggera brezza, purché costante, per riuscire a raggiungere territori lontani e diffondere la cultura delle Start Up sempre più di più, sempre meglio. Un venticello che, a partire dai soggetti maggiormente impegnati in questo ambito (il Ministero, gli incubatori, i Venture Capital), dovrebbe veicolare una migliore conoscenza in merito ai temi dell’innovazione, per raggiungere proprio chi non ne ha fatto una scelta di vita. A mio parere, i motivi per cui le Start Up non possono continuare a vivere in un club elitario sono principalmente tre: 1. Posto che l’Italia vive una condizione di arretratezza culturale e digital divide unica nel suo genere, se non si inizia a diffondere una sana informazione in merito ai temi dell’innovazione sarà sempre più difficile riuscire a stimolare i giovani all’iniziativa autonoma e intraprendente. Per dare forma alle proprie idee ci vuole coraggio, ma anche la sicurezza di qualcuno che crede in te. Ecco perché le soglie di sbarramento, a cui gli investitori contribuiscono fortemente, andrebbero abbassate – facendo della possibilità di creare una Start Up un’occasione accessibile a tutti. 2. E’ necessario che il mondo delle Start Up non sia più considerato roba per ragazzetti viziati, ma piuttosto un fenomeno fortissimo legato all’Open Innovation che, grazie alla sua potenza, può contribuire allo sviluppo dell’intero Paese, coinvolgendo in maniera decisa il tessuto imprenditoriale, le università ed i centro di ricerca. Fare progetti innovativi è l’unica vera alternativa all’autoimpiego, ai lavori freelance o all’impiego pubblico. E’ anche l’unica possibilità che l’Italia, in questo momento storico, può offrire ai settori di ricerca e sviluppo. Privarsene sarebbe un vero peccato. 3. In questo senso, un ottimo lavoro di divulgazione lo stanno facendo le piattaforme di equity crowdfunding; anche i premi per le startup contribuiscono a generare nuove idee e far crescere l’innovazione (per citarne solo alcuni: Tim WCap, Edison pulse, Unicredit Startup Lab) e, ovviamente, un prezioso lavoro è svolto dagli incubatori diffusi sul territorio. Tali sforzi sono preziosi e costituiscono la spina dorsale della controtendenza a demonizzare il fenomeno Start Up.

La mia speranza è che iniziative di questo genere siano sempre di più e sono fiero del fatto che anche Heroes, il festival dell’innovazione di Maratea, nel suo piccolo, contribuisca.
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