Il primo vinile che comprai con una 50.000 lire che mi diede nonna a Natale fu Schizzichea with Love di Pino Daniele. Avevo circa 13 anni. Un disco bellissimo che non fece proprio la fortuna di Pino. Salivo nella soffitta dei miei genitori per giocare al Commodore64 e appena entravo mettevo sul piatto Schizzichea. La mia canzone preferita era Tell me now. Cantavo a squarciagola “tell me now now now / si sì buon o si sì fess”. L’inglese e il dialetto, mischiati, “che forza” pensavo! Quanto era avanti Pino Daniele. Studiavo la guerra, il dopoguerra, pensavo a Napoli, pensavo alla musica americana e all’intelligenza dei napoletani, alla musica che diventa ponte ideale tra le sonorità delle due lingue. L’ultima traccia di quell’Lp si chiamava Al Capone. Quando la sentivo ero sempre un po’ triste perché il mio tempo di gioco era finito, dovevo scendere giù a casa a studiare, prima che mi alluccasse mia mamma. Eppure quel pezzo me lo godevo, come un viaggio in America, sognavo il cinema, sognavo C’era una volta in America e Il Padrino….“ma chi ti credi di essere forse Al Capone” l’accento napoletano che cade su una metrica zoppa. Io ero abituato a sentire le melodie alla televisione, al festival di Sanremo, e poi Sbam!!! Al Capone. Non molto tempo dopo mia cugina si comprò un lettore CD. Il primo che vidi nella mia vita. Mi emozionavo sapendo di entrare, ancora bambino, in una nuova era. I suoi amici andavano in pellegrinaggio a casa sua per vedere il futuro. Il CD brillava, un disco volante d’argento, le luci della sala da pranzo si credevano dei laser specchiandosi nel grigio spaziale del CD, riflessi di stelle e guerre spaziali. Eravamo già entrati negli anni 90. Poi quel CD lo inseriva nel lettore e “Ogni scarrafone è bell a mamma soia”. Era uscito il disco nuovo di Pino: Un uomo in blues. “questa lega è una vergogna. Ma papà quindi è una canzone politica?” “Ma no, non esiste più la canzone politica, doveva fare la rima con cicogna.” “Muà, secondo me è una canzone politica!”. Sette anni dopo vivevo già a Roma con Dario e Francesco che per non farmi studiare suonavano la chitarra. A me non interessava imparare qualcosa che non sapevo come usare. E invece. E invece esce una canzone di Pino Daniele che inizia con un giro di chitarra bellissimo e sempre un testo mischiato tra inglese e italiano “my name your name ma che importanza ha”. Si chiamava Resta cu’ mme. Quanto ho rotto il cazzo a Dario e Francesco perché mi insegnassero a suonare quella canzone con la chitarra. Avevamo una Eko nera. Una chitarra massiccia, una 12 corde che in una notte di vino e teatralità Yzu, il poeta, spaccò su una tavola imbandita (ma questa è un’altra storia). Mi ci vollero due mesi o forse tre per imparare quella canzone. Mi esercitavo ogni giorno. Iniziai a imparare anche altre canzoni di Pino Daniele, e a suonare per cantare da solo, e a cantare per suonare con gli altri. Da quel momento non ho più smesso. Grazie Pino Daniele, sei stato il nostro John Lennon.]]>