LA VITTORIA DEI GATTOPARDI

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Tutto è compiuto. Raffaello De Ruggieri è tornato a casa, in quel centrosinistra che aveva abbandonato per questioni legate a divergenze personali più che politiche. La coalizione che lo aveva portato alla vittoria delle elezioni comunali di Matera nel 2015 si è disintegrata. Ha perso pezzi sin dal suo esordio, dal varo di una giunta che rappresentava solo l’espressione algebrica delle componenti della sua maggioranza, più che la competenza necessaria per costruire un grande avvenire. Aveva al suo interno un cavallo di Troia: la presenza di un numero di consiglieri, determinanti per gli equilibri politici e programmatici, che non aspettavano altro che di tornare alla base, nel Pd da cui si erano allontanati sempre per ragioni individuali.

Il tempo è trascorso lento, tra scossoni e lacrime ma con il filo conduttore dell’immobilismo nel portare avanti le priorità di una città che doveva presentarsi all’appuntamento con l’Europa con il suo miglior vestito.
Già verso la fine del 2015, in un consiglio comunale in cui il capogruppo del Pd, Salvatore Adduce, tese la mano al sindaco dicendosi disposto a collaborare per la riuscita del programma di Matera2019 separando da esso la gestione amministrativa dell’ente, era diventato chiaro il percorso che De Ruggieri avrebbe compiuto. All’inizio, dinieghi convinti. Poi, con il trascorrere dei mesi, un disgelo di convenienza legato alla convergenza di strade personali e politiche in apparenza parallele ma mai così fortemente distanti come la campagna elettorale aveva fatto intendere. Non può sfuggire, con un pizzico di cinismo, la constatazione che De Ruggieri e Adduce sono alla fine della loro corsa politica e amministrativa. De Ruggieri aveva vinto perché aveva promesso di cambiare tutto: il vertice della Fondazione, il rovesciamento delle priorità che lasciavano intendere un forte interventismo nella battaglia per ottenere investimenti per la realizzazione di opere di rigenerazione urbana e infrastrutturali. Aveva a più riprese sottolineato di essersi impegnato direttamente nella battaglia perché non poteva accettare il basso profilo di chi apertamente diceva che Matera 2019 sarebbe stata soltanto “una baldoria ludico-ricreativa” (parole sue). Una spinta progettuale che sin dal primo anno di mandato aveva lasciato il passo alla restaurazione, alla moderazione, all’inconsistenza di un’azione amministrativa sempre più orientata all’ordinarietà camuffata da interventismo e bloccata dall’assenza di un vero progetto politico frutto di obiettivi da raggiungere in tempi ristretti. Si doveva correre, si è invece andati al passo. De Ruggieri ha perso i pezzi della sua maggioranza sui rimpasti di giunta, più che sulle cose che si dovevano fare per rendere Matera una capitale ed è diventato sempre più evidente che l’orizzonte politico stava trasformandosi in una passerella personale di quanti volevano cavalcare l’onda della storia della città, in qualunque modo, con qualunque carica, senza distinzione di bene e male. Dopo tre anni di galleggiamento, è arrivato l’epilogo chiamato enfaticamente “governissimo” che di accrescitivo ha avuto solo l’effetto-rabbia prodotto nella pancia e nel cervello della città che viveva fuori dal palazzo. Adduce è diventato prima rappresentante del Comune, poi presidente della Fondazione, in una sorta di divisione scientifica dei compiti tra candidati sindaco ex rivali, che oggi ricoprono le cariche di primo cittadino, di presidente del consiglio comunale, di presidente della Fondazione. Tutto è compiuto. É il trionfo del gattopardismo applicato alla politica: tutto deve cambiare perché alla fine tutto resti com’è. In questo gioco, è inevitabile tirare in ballo, nel valzer di Shostakovic, il Pd, con le sue anime in pena divise dal potere. Alle elezioni comunali si era spaccato sui nomi da proporre, sulla gestione del partito che sembrava, dopo la sconfitta, dover subire un mutamento repentino verso il renzismo e che invece è rimasta la stessa, ritardando il rientro alla base di un sindaco che aveva nel suo destino il naufragar nel mare del centrosinistra ricostruito. L’arca di Noè, com’era stata definita la coalizione che ha vinto le elezioni, è naufragata. L’ armata Brancaleone, come il Pd aveva definito l’alleanza di De Ruggieri, si è al contrario arricchita di nuovi soldati e marescialli di ventura provenienti proprio dalle truppe sconfitte, mossi da “senso di responsabilità” per portare a termine il loro progetto. Salvo improbabili rovesci, Matera arriverà così al suo appuntamento con la storia: avrà tanti tagliatori di nastri e inauguratori di convegni ma non avrà un governo in grado realmente di rappresentarla. Pensavamo fosse amore, invece era un calesse trainato da cavalli non di razza.       ARTICOLI CORRELATI https://www.totemmagazine.it/la-capitale-mancata-la-nave-affonda/]]>

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