Ha avuto scarso rimbalzo mediatico, rispetto alle polemiche dell’anno scorso, il report Demoskopika sullo stato di salute della sanità italiana, diffuso nei giorni scorsi. Un’analisi fondata su otto indicatori che misurano anche aspetti “marginali” ma in evidenza nell’agenda politica: i costi della governance, le famiglie in disagio economico per spese sanitarie impreviste. Il dato più importante è il forte aumento (10 punti) delle famiglie che non si curano, in prevalenza (ma non solo) per motivi economici: un peso crescente nella rinuncia lo copre infatti l’allungamento delle liste di attesa, uno dei più importanti indicatori delle difficoltà del sistema sanitario nazionale. Ma veniamo ai dati più interessanti della Basilicata, tra sostanziali conferme e clamorosi spostamenti. Restano pesanti i numeri della migrazione sanitaria: la fuga dei lucani che si vanno a curare fuori regione (quasi il 24%) colloca la Basilicata al penultimo posto. Il danno economico è però in buona parte coperto dagli abitanti di altre regioni che invece vengono a curarsi da noi: oltre il 18%. E questo dato vale il secondo posto in classifica. Eccellenti anche i numeri dell’esercizio economico: grazie a un attivo di 2.4 milioni di euro l’efficienza del sistema sanitario lucano è tra le maggiori di Italia. Gli altri indicatori (disagio familiare, spese del contenzioso, costi della governance “democratica”, speranze di vita) con un’eccezione (il gradimento dei pazienti) vedono la Basilicata collocarsi tra il 13esimo e il 17esimo posto, che rispecchia il posizionamento generale: la regione è quindicesima, come l’anno scorso, ma con un notevole incremento di punti. Passando da 272 a 405 punti, infatti, la sanità lucana non è più classificata come “malata” (la fascia più bassa) ma “influenzata” (la fascia intermedia). Questo incremento è particolarmente significativo se si considera che il primo indicatore scelto dall’istituto calabrese specializzato in ricerche di opinioni è quello della qualità percepita dagli utenti. E qui il disastro è evidente, anche in mancanza di un riferimento preciso all’anno precedente (in Rete è reperibile solo l’estratto sintetico con l’elenco delle ultime tre regioni: e la Basilicata non c’è e quindi ha un valore superiore al 27% del Molise, terzultimo). Solo il 13% dei cittadini lucani sono soddisfatti del servizio ricevuto: peggio di tutti, anche della disastratissima Calabria, che si attesta al 18%: un crollo verticale della qualità percepita. In statistica scartamenti così ampi sollecitano sempre dubbi: in assenza di fatti clamorosi e di grande risalto mediatico è infatti difficile spiegare uno spostamento tanto repentino dell’opinione pubblica. Eppure la tendenza è inconfutabile e quindi toccherà interrogarsi e capire come e perché un sistema che registra significativi miglioramenti negli indicatori oggettivi o quanto meno una tenuta sui dati negativi, precipiti così vertiginosamente nella considerazione della comunità che ne usufruisce. Un crollo, tra l’altro, che non trova riscontro, ad esempio, nelle indagini di customer satisfaction autogestite dalle aziende sanitarie lucane (le ultime del San Carlo si attestano sull’80% di utenti soddisfatti, su un campione importante di 2000 intervistati) e che quindi pone ulteriori domande. PS: Ho scritto questo articolo da esperto di comunicazione sanitaria, il lavoro prevalente che ho svolto negli ultimi 13 anni. Qui, su Totem, invece mi occupo soprattutto di politica. Tengo quindi per me la suggestione di ricondurre questo smottamento al più ampio terremoto che ha travolto tutti i capisaldi dell’opinione pubblica lucana: è infatti suggestivo ma semplificatorio pensare che una scelta radicale di rottura politica porti immediatamente a cambiare percezione della qualità dei servizi ricevuti. Ma la suggestione resta. ]]>