DO UT DES (MA TU INVECE NON DES…)

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É di questi ultimi giorni la notizia che nella nostra città, ormai allo sbando più totale tranne che per i successi della squadra, che evidentemente coprono tutto il restante malcontento, è partita la nuova regolamentazione dei parcheggi, non solo relativi alle aree blu a pagamento (già a prezzi superiori ad altre città ben più grandi e turistiche) ma anche alle strisce bianche, cioè quei parcheggi che una volta erano liberi o al massimo regolamentati solamente dal disco orario.

Da noi no, da noi si fa di più. Sempre.

Non bastava la sosta a pagamento all’ospedale, dove magari se ti rechi per una visita e perdi quattro ora paghi quattro euro, no, bisognava mettere una nuova tassa sui cittadini di Potenza che evidentemente ne pagano ancora poche, e quelle che pagano non bastano a risanare le casse di un Comune che riesce a montare a tutte le fermate degli autobus dei pannelli digitali che non hanno mai funzionato, con una spesa non indifferente.

Non bastano le scale mobili rotte ma a pagamento, ingiustamente volute dalla precedente amministrazione e ingiustamente ora trascurate dall’attuale.

Non bastano le migliaia di fossi clamorosi, anzi chiamiamoli con il loro nome, crateri, che caratterizzano ormai tutte le strade della città, causando danni a pneumatici (ringraziano i gommisti) a braccetti e sospensioni (ringraziano i meccanici). Non ne parliamo per i motociclisti, costretti a slalom per portare a casa la schiena e la pelle.

Non bastano gli alberi che, ingiustamente piantati cinquant’anni fa e ingiustamente mai manutenzionati vengono, per ragioni di sicurezza, non potati ma tagliati alla base, estirpati, eliminati, cancellati dalla memoria collettiva per far spazio alle bellezze architettoniche cementifere.

Non basta una raccolta differenziata che parte e non parte, va e non va, nonostante l’impegno degli operatori, va un po’ qui un po’ lì, alcune zone sono zozze perché sono lontane dal salotto buono.

Non basta un centro svuotato e abbandonato a favore di una periferia che è congestionata da centinaia di attività commerciali senza alcuna regolamentazione, che se passi per via del Gallitello ti devi fare il segno della croce.

No, non basta tutto ciò, anche perché è tutta colpa dell’amministrazione precedente.

Ora devi pagare di più, tu, cittadino che possiedi una macchina, o addirittura due, esoso, ricco e capitalista.

Devi pagare per parcheggiarla sotto casa tua, perché sì, qualcuno ha deciso che anche quel parcheggio che ti spetterebbe di diritto e che già fatichi a trovare ogni giorno quando torni da lavoro lo devi pagare.

Perché non ti spetta, perché non è tuo, perché è del Comune e pertanto devi pagare l’obolo, altrimenti parcheggia nel garage, se te lo puoi permettere, tanto anche su quello paghi le tasse.

Non hai il garage? Paga!

Hai due macchine? Sei ricco? Paga di più!

Hai tre macchine? Allora sei proprio un capitalista, paga e zitto!

Questo rapporto dispari, squilibrato tra il Do Ut Des (per i non latinisti, io do una cosa a te e tu la dai a me) tra Comune e cittadino sta sinceramente stancando. Ricorda quello dello Stato per alcune categorie di lavoratori, me compreso.

Perché se io cittadino devo dare a te, Comune, i soldi per avere il parcheggio che mi spetta in quanto residente, allora tu, Comune, devi dare a me le strade decenti, i servizi decenti, devi dimostrarmi di spendere i soldi che io caccio per migliorare il mio tenore di vita pubblica, altrimenti questi soldi a che servono?

A rimpinguare le casse di un Comune senza soldi per farne cosa? E se il Comune è senza soldi, chi ti ha pregato di andare a governare? Chi ti ha costretto? A governare così, vessando i cittadini, è capace chiunque.

“Buongiorno, siamo senza soldi, dateci mille euro a testa.

Ecco i soldi. E le strade?

E no, le strade so rotte, mo i soldi ci servono per pagare le strisce dei parcheggi.

Ok, ma le strade ?

E che è? Vuoi pure le strade? Prendi l’autobus, prendi le scale mobili…

Eh, ma le scale mobili non funzionano.

E prenditela con chi le ha volute le scale mobili.”

 

Facile, pratico.

Ad maiora cari amministratori, ad maiora semper.

Pregate che quest’anno non cacci la mia vespa.

E forza Potenza, che quello è l’importante.

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