Questa è l’unica, incontrovertibile e innegabile verità.
Li sento i vostri sospiri di sollievo, voi che non li avete votati, e anche tanti che li hanno votati ma mai pensavano che davvero lo avrebbero realizzato.
Eppure è arrivato a un centimetro dal traguardo, ci hanno fatto intravedere come sarebbe potuto essere, cosa avrebbero potuto fare, quali conquiste o disastri avrebbero potuto provocare.
Mai l’Italia era andata tanto vicina a realizzare un governo (quasi del tutto) fuori dalla solita nomenclatura, più spinto pure del primo Berlusconi, che un pezzo di nomenclatura l’aveva acquistato, e ovviamente molto oltre il governo Renzi, che un pezzo di nomenclatura l’aveva sposato.
Nel merito, discutere se sia o meno nei suoi poteri rifiutarsi di nominare un ministro sgradito è capzioso, anche se non del tutto inutile, specie per il futuro. Se i padri costituenti avessero voluto assegnare al capo dello Stato un potere del genere, in grado di condizionare la politica e la piena realizzazione della volontà popolare (che invece il Capo dello Stato è chiamato a tutelare, applicando la Costituzione), magari frutto di una maggioranza diversa rispetto a quella che lo aveva eletto, semplicemente lo avrebbero scritto.
Se avessero ritenuto che in un futuro lontano (la Costituzione è stata scritta per durare potenzialmente secoli) un Presidente della Repubblica avrebbe potuto abusare del suo potere di veto, lo avrebbero regolato.
Non lo hanno fatto, semplicemente perché quel potere non esiste.
Vero è che nella prassi diversi Presidenti lo hanno fatto rientrare nell’opera di regolazione morale della Repubblica che certamente gli compete, provando a convincere, riuscendoci sempre per quel che ne è dato sapere (magari è successo che qualche braccio di ferro sui nomi qualche Presidente lo abbia perso), sull’opportunità di assegnare poltrone a persone discutibili per qualche ragione sondabile.
Per la prima volta, però, non solo l’opera di convincimento si è trasformata in un insanabile muro contro muro, ma il veto è stato posto per ragioni del tutto insondabili: presunti piani nascosti, presunte reazioni scomposte dei mercati, presunti abbattimenti di valore della ricchezza degli italiani.
Di fatto Mattarella ha affibbiato il marchio dell’inaffidabilità al nascente governo giallo-verde, e dato del cialtrone bugiardo al Ministro indicato. Accusandolo di avere piani programmatici assai diversi da quelli formalmente annunciati. Un unicum nella storia Repubblicana, riconoscerete.
Ma se fosse vera la circostanza e l’accusa, di fatto Mattarella avrebbe salvato l’Italia da un colpo di Stato. Sarebbe questa l’unica ragione per forzare la Costituzione e attribuirsi poteri di assai dubbia assegnazione (tanto che diversi costituzionalisti sono insorti, pareggiati da altri di parere opposto, segno che l’interpretazione della legge è esercizio difficile e soggettivo).
Dunque, alla fine della fiera, Mattarella ha soffocato in culla il nascente governo populista, facendo leva sul casus belli Savona, che in questa vicenda appare un po’ come le fantomatiche armi di distruzione di massa per giustificare l’invasione di un altro Paese sovrano, forzando il diritto internazionale.
Perché l’ha fatto? Savona gli ha messo sotto il barboncino con il Suv in un recente passato? O le preoccupazioni degli effetti che il governo populista avrebbe avuto sulle vite degli italiani sono reali? Non sarebbe meglio in questo caso esplicitarle più nettamente, in qualche modo, per dar modo agli elettori di compiere una più ponderata scelta elettorale?
E quale soluzione prospetta, se le prossime imminenti elezioni dovessero trasformarsi in un pericoloso plebiscito pro o contro il governo gialloverde, che ha saputo vendere al popolo il fumo di un programma che è in realtà un condensato libro dei sogni di discutibili promesse elettorali senza chiara copertura economica (altra circostanza che ha fatto intendere molti che si fosse a un passo dallo stampare moneta), e potrà far leva su un governo del Presidente (lo stesso che ha teso loro lo sgambetto) addirittura senza fiducia, se tutti i loro parlamentari manterranno il proposito di votargliela contro?
Se è vero, poi, come trapela, che il nome di Savona fosse indigesto alle cancellerie europee, e abbiano fatto pressione a Mattarella perché lo depennasse dalla lista dei ministri, forse il Presidente ha chiesto e ottenuto in cambio qualcosa?
Perché che questa Europa vada riformata è evidente a tutti, e con diverse sfumature sono e siamo tutti d’accordo. E se Di Maio e Grillo avevano davvero in tasca un piano B per uscire dall’euro, i nostri partner europei sono ad un bivio: devono decidere – adesso in amicizia, o lo dovranno fare assai più drammaticamente a breve – se in Europa ci vogliono o no, e acconsentire quindi ad alcune necessarie riforme.
Perché è chiaro a tutti che in questa Europa l’Italia soffoca.
È forse questa la promessa per la quale Mattarella si è speso?
Difficile che in pochi mesi si realizzi. È certamente fantapolitica. Però Cottarelli, sebbene con toni comprensibilmente più morbidi visto quanto accaduto poche ore prima, ha messo la Riforma del ruolo dell’Italia in Europa nel suo discorso post accettazione dell’incarico. Ambizioso, per un governo balneare.
La prospettiva allora, per il Presidente che crede di aver salvato l’Italia dal golpe, è di trovare il modo, adesso, di salvare l’Italia dal plebiscito.
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