Game over?

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Viviamo una strana epoca in cui tutto si destruttura, tutto si relativizza, non è questione di destra e sinistra, non ci sono fascisti da fucilare, né comunisti da mandare al confino, tutto pian piano perde contorno, è come il prequel di uno di quei film post-apocalittici tipo quelli con Jena Plissken o Mad Max, i semi della follia si diffondono lentamente e godono della complicità solo apparentemente inconsapevole del nostro sistema.

Il tizio vestito da bufalo, per di più ahi noi pare anche di origini italiane, che vaga per la sede del parlamento degli USA ci racconta la drammatica fine di quello che era l’impero americano e, adesso che il caos si è seduto sulla sedia del Presidente del Senato, la fine sussurrata di quel sistema è conclamata.

Il re è nudo e tutto questo non sarà senza conseguenze.

Io non amo le narrazioni segrete e complottiste ma so anche che il nostro è un mondo complicato dai molteplici piani di lettura e che forze sotterranee agiscono nei gangli profondi dei nostri paesi, negli Stati Uniti, come in Francia, o in Inghilterra o in Germania e finanche da noi.

La Brexit, l’attivismo turco, l’azione neo-imperiale francese ci raccontano che lo scenario è in movimento e che noi italiani ancora una volta non agendo siamo agiti dagli altri e a questa circostanza sono certamente da ricondurre anche alcuni dei semi della follia che si aggirano, alimentati, nel nostro paese.

Il mondo nei prossimi mesi tratterrà il respiro e diventerà un posto ancora più pericoloso per le crisi interne che si accenderanno e che verranno alimentate dai tanti interessi dei paesi capaci di agire (non il nostro) e per le crisi complessive che seguiranno il palesamento della debolezza degli Stati Uniti ridotti alla credibilità di un Cile ma con in grembo il più grande arsenale militare del pianeta.

Il problema Trump verrà risolto, state certi, le potenti forze che hanno agito per metterlo in sella ora arretrano spaventate dallo squarcio aperto nel sistema e dalla consapevolezza che la superpotenza americana pagherà un prezzo altissimo a questa crisi svelata.

Ma che succederà dopo? Ci sono le forze capaci di lavorare per curare senza distruggere il tessuto politico-sociale americano? Cosa si imporrà: il desiderio spiccio di ripristinare l’immagine di grande potenza o quello di ripristinare ciò che, dall’interno, irradia tale immagine verso il mondo?

C’è da temere, una superpotenza umiliata fa meno paura e quando questo accade i tanti antagonisti provano a saggiarne la forza e non c’è da fidarsi sulla capacità di elaborare una strategia di recupero a lungo respiro da parte di un deep state che ha nel tempo più volte dato prova di una spietata capacità di scelte draconiane quando è in discussione la sua sicurezza e il suo ruolo.

Il grande capitale americano ha messo il mondo in mano ad un supercapitalista e, come sempre, quando il potere diventa plutocratico, quello che accade è il disastro. I capitalisti, i grandi uomini di successo economico sono strutturalmente inadatti al governo per una ragione semplice, non si possono costruire grandi capitali senza essere egoisti, senza avere un’etica autoreferenziale, senza guardare agli altri prevalentemente come una risorsa da usare.

Non vi allarmate, il mio giudizio non è tanto severo quanto sembra, è solo che ogni attività umana, specie quando di successo, segue l’inclinazione del protagonista, si può essere un imprenditore più o meno illuminato, e di esempi anche luminosi ce ne sono stati tanti (anche se questo non è il modello prevalente in questi tempi e certamente non è il caso di Donald Trump), ma inevitabilmente si guarda agli altri come risorse da utilizzare e, nell’etica del capitale, essenzialmente da valorizzare solo in funzione del miglioramento produttivo.

Un capitalista che pensasse all’altrui profitto prima che al proprio certamente non potrebbe mai aspirare a diventare un Berlusconi o un Trump e tutto questo senza dipingerlo necessariamente come una sanguisuga, il suo tratto caratteristico è quello di dover pensare prima a lui e poi agli altri.

Chi amministra lo stato, chi governa, a meno di sistemi legati ai re del passato, ai dittatori, o agli imperatori, nei sistemi moderni, specie occidentali, governa per delega, ossia in nome e per conto del popolo, è lì per fare ciò che è meglio per la Nazione, per il popolo, per gli altri.

I grandi statisti sono rari, sono rari proprio perché raro è un uomo con capacità di visione al tempo stesso lungimirante e volta al bene di tutti, questa è la ragione per la quale io sono fortissimamente contrario a questa classe di politici importati senza aver avuto un cursus honorum politico che li abbia formati e che, nel tempo, abbia consentito di provarli, di temprarne il carattere e di scremare portando avanti non i più ricchi, ma i più capaci di fare politica.

Purtroppo, il mondo occidentale si è via via ammalato di un capitalismo sempre più senza freni, la mentalità si è impregnata di denaro, di pretese a tutti i costi, ha illuso tutti che ogni cosa fosse a portata di mano innescando disillusioni, frustrazioni e necessità di giustificare fallimenti.

Tutto si compra, o quasi, agli uomini di potere non è richiesto di essere, o almeno di apparire migliori, è sufficiente il denaro per ottenere l’ossequio, per essere corteggiati, e ciò che accade a grande scala ormai accade anche a livello più piccolo, ho visto beceri bifolchi ignoranti di provincia pavoneggiarsi con l’aria del grande politico, attorniati da bestioline da vetrina su tacchi vertiginosi e da uomini dalle lingue affatto schizzinose, aggirarsi tronfi ostentando il macchinone.
In una società tutta incentrata sul capitale e sui consumi tutti credono di poter fare i soldi, molti, troppi, scelgono vie facili, tutti vogliono più di quello che potrebbero permettersi e questo sia in termini di beni che di successi personali e sulle conseguenti inevitabili frustrazioni c’è chi costruisce carriere politiche fondate sulla demagogia.
Un po’ di anni fa un barista era un barista, non parlava di sé con la prosopopea di un capitano d’industria, la locuzione “i miei dipendenti” era usata con parsimonia, chi aveva la partita iva era un libero professionista oppure un artigiano, il commercio era agito dai commercianti che si riferivano al loro esercizio chiamandolo negozio, la parola azienda era riservata alle fabbriche, alle attività che coinvolgevano numerosi dipendenti.
La mia non è nostalgia per termini desueti, dietro quei termini c’è una grammatica della comunicazione, di ciò che si intende e purtroppo il proprietario di un bar, sbarca il lunario, magari guadagna due volte il suo dipendente, magari tre, ma certamente non è un magnate. È esposto ai venti dell’economia e degli eventi come drammaticamente dimostra ciò che è accaduto in questi giorni, farlo illudere di essere diventato “razza padrona” è solo un crudele raggiro per far sì che egli si senta vicino al grande capitale, che lo utilizza e lo sfrutta anche come massa di manovra politica, ottenendo che empatizzi con esso, piuttosto che con ciò che rimane della classe media e che ormai altro non è che un proletariato urbano, con cui condivide i sacrifici e le difficoltà.

Su cosa si fonda il successo di certa destra italiana?
Esattamente su questo.
Aver convinto le partite iva che la evidente vessazione fiscale cui sono soggette, sia figlia dei parassiti, dei dipendenti pubblici, degli operai che pretendono condizioni di lavoro sempre migliori, degli immigrati che verrebbero a fare la bella vita con i soldi dei contribuenti e non della gigantesca evasione fiscale figlia dei magheggi illegali (ma anche da quelli legali) del grande capitale.

Magari non vi ho convinto ma spero di essere riuscito a spiegarvi perché sono giunto alla conclusione che gli imprenditori non sono adatti all’impegno in politica.

Resto in attesa che emerga dal magma politico una forza disposta ad impegnarsi per il bene di tutti, che non faccia della difesa di una categoria la propria bandiera, sarei anche disposto a chiudere un occhio sulla filosofia politica, meglio liberale che fascista, meglio socialista che comunista, come volete ma che si candidi a rappresentare il paese e a guidarlo, svilupparlo, migliorarlo in maniera equa.

Già so che rimarrò in attesa inutilmente.

Bisognerebbe avere il tempo di rifondare la politica e la società, ma anche da noi, come negli Stati Uniti, agiscono forze potenti che mirano al contingente e che pretendono l’uovo oggi, del tutto disinteressate alla gallina domani.

Finirà male.

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