Ha toccato il cuore di tutti i potentini la scomparsa di Antonella Amodio, una donna che ha fatto della sua vita una professione e della professione un incontro con gli altri. Se c’è una testimone di come un pezzo importane delle politiche sociali attive della Basilicata abbia funzionato mettendo insieme legislazione regionale innovativa, associazionismo e interventi informativi su un terreno che ha fatto passi da giganti nell’approccio terapeutico quale la dislessia, è proprio Antonella Amodio.
La dislessia è stata la storia della sua vita: lei stessa orgogliosamente dislessica, ne ha fatto un lavoro, anzi, una militanza sovversiva per dimostrare che non è una malattia affrontando con incontri, libri, discussioni, impegno politico la più grave delle angosce che colpisce chi è inconsapevolmente dislessico e la sua famiglia, e cioè l’angoscia di non essere adeguato, di non essere all’altezza, di sentirsi in colpa per non riuscire a fare quello che per gli altri “è normale” fare.
Antonella ha contribuito a rompere il muro della disistima sociale che percepisce chi, semplicemente affetto da un generico disturbo dell’apprendimento, a scuola ha la sfortuna di incappare in qualche maestra (ancora ce ne sono) che colpevolizza quello sforzo immane ma improduttivo che ti fa scorrere l’occhio sulle parole e, niente, le lettere ti ballano tutte nella testa mentre leggi e i tuoi compagni ridacchiano perché balbetti.
Questo è il grande merito pubblico di Antonella Amodio, docente, formatrice, psicologa e psicoterapeuta «sociale», nel senso che, così piena di amici li guardava con occhio clinico e dolce accorgendosi anche dei disagi che ti porti da adulto, svelandone spettri infantili e ne raccoglieva le storie, perché – diceva – se le raccontiamo ne smontiamo il dramma e aiutiamo gli altri a trovare la chiave della loro esistenza. Scriveva: «La dislessia non è una malattia, è solo un modo diverso di interpretare i dati, è fantastica come un sogno anche se a volte può diventare un incubo. Spesso si afferma che il dislessico è un bimbo dotato di una grande fantasia, un po’ come quando si dice di una conoscente bruttina che è tanto simpatica!»
La dislessia è stata la storia della sua vita: lei stessa orgogliosamente dislessica, ne ha fatto un lavoro, anzi, una militanza sovversiva per dimostrare che non è una malattia affrontando con incontri, libri, discussioni, impegno politico la più grave delle angosce che colpisce chi è inconsapevolmente dislessico e la sua famiglia, e cioè l’angoscia di non essere adeguato, di non essere all’altezza, di sentirsi in colpa per non riuscire a fare quello che per gli altri “è normale” fare.
Antonella ha contribuito a rompere il muro della disistima sociale che percepisce chi, semplicemente affetto da un generico disturbo dell’apprendimento, a scuola ha la sfortuna di incappare in qualche maestra (ancora ce ne sono) che colpevolizza quello sforzo immane ma improduttivo che ti fa scorrere l’occhio sulle parole e, niente, le lettere ti ballano tutte nella testa mentre leggi e i tuoi compagni ridacchiano perché balbetti.
Questo è il grande merito pubblico di Antonella Amodio, docente, formatrice, psicologa e psicoterapeuta «sociale», nel senso che, così piena di amici li guardava con occhio clinico e dolce accorgendosi anche dei disagi che ti porti da adulto, svelandone spettri infantili e ne raccoglieva le storie, perché – diceva – se le raccontiamo ne smontiamo il dramma e aiutiamo gli altri a trovare la chiave della loro esistenza. Scriveva: «La dislessia non è una malattia, è solo un modo diverso di interpretare i dati, è fantastica come un sogno anche se a volte può diventare un incubo. Spesso si afferma che il dislessico è un bimbo dotato di una grande fantasia, un po’ come quando si dice di una conoscente bruttina che è tanto simpatica!»
Antonella rideva dei suoi disorientamenti, ha continuato a sorridere negli anni tristi della sua malattia, si crucciava di non poter volare più fino in Australia dove vive la figlia, e ogni raggio di sole quotidiano era l’occasione per scrivere due righe di inno alla vita e di incoraggiamento per gli altri. La Regione Basilicata fu la prima a dotarsi di una legge sui disturbi dell’apprendimento.
Antonella, insieme all’associazione dislessici di Marcella Santoro, è stata determinante nell’opera di informazione e comunicazione.
Continuare nel suo esempio è il modo migliore per dirle grazie.