Premessa. Nelle ‘digressioni attorno all’attrattore periodico di Polibio’, la settimana scorsa, ho considerato le società umane (quelle sufficientemente complesse) alla stregua dei sistemi dinamici e ho individuato nel ciclo di Polibio, appunto, un attrattore periodico per le forme di governo. I modelli non calzano mai perfettamente alla realtà, tuttavia costituiscono un’utile guida per orientarsi. Adesso, prima di prendere in esame l’elemento nuovo e caratterizzante del nostro tempo (quello costituito dai social network) per cercare di dare una risposta alla domanda che funge da titolo per questa riflessione, ritengo necessario analizzare un altro attrattore, non preso in considerazione da Polibio, che tende a manifestarsi nelle strutture sociali più semplici: lo chiamerò ‘attrattore-zero’. Ci sono due ragioni che mi inducono a far partire la mia argomentazione da questa base: la prima è che, come farò vedere, l’attrattore-zero è tuttora onnipresente, per quanto spesso irriconoscibile; la seconda è che esso è un fattore determinante per le conclusioni cui intendo arrivare riguardo al problema dell’ immenso potere attualmente nelle mani dei gestori dei social network.
Sviluppo. Per introdurre l’attrattore-zero penso che non ci sia niente di più efficace di un esperimento mentale, di quelli cui sono avvezzi i fisici, anche perché il concetto di ‘attrattore’ l’ho mutuato dalla Teoria dei Sistemi Dinamici. Dunque, immaginiamo un’isola in cui ci siano risorse sufficienti per, diciamo, mille persone, e portiamocele. Un campione statistico perfetto: coppie con figli e senza figli, uomini e donne single, giovani e vecchi. Per tutti c’è una casa e ci sono i mezzi per l’autosufficienza. Ciò che manca è la legge, e tutto ciò che accade sull’isola, a esperimento concluso – dieci anni, ad esempio, giusto per andare sul sicuro – resterà impunito, qualunque sia la gravità del reato. Ebbene, cosa siamo autorizzati a immaginare che accada? La cosa più bella sarebbe che ognuno lavorasse per il proprio sostentamento e tutti cooperassero per il bene comune. Ma questa è mera utopia. Ciò che accadrà in una situazione del genere (con ragionevole certezza) è tutt’altro. Prima o poi qualche maschio giovane, forte e prepotente comincerà a raccogliere intorno a sé un branco (la forma più semplice di attrattore-zero) che comincerà a procurarsi il necessario per il proprio sostentamento senza troppa fatica, attraverso furti e/o a mezzo di intimidazioni. Ma presto quello stesso branco comincerà a puntare alla ricchezza, al lusso e al privilegio. Poi, sedotto dal potere, sperimenterà il piacere dell’infliggere tormenti alle proprie vittime e del sentire nell’aria l’odore della sofferenza e della paura. Le donne, i bambini e le persone fragili subiranno le peggiori violazioni psicologiche e corporali. Gli uomini saranno costretti al lavoro, per paura, a mezzo del ricatto e con la forza. È probabile che si creino più branchi, in lotta fra di loro, che, se egualmente forti, si spartiranno il territorio, finché non si stabilirà un equilibrio (magari con un solo capo), sempre precario e comunque basato sulla sopraffazione e la violenza. È questo, l’attrattore-zero. La Storia ci offre mille esempi: le tribù (penso alla Libia, in un passato assai recente), le città-stato, le nazioni… Giusto per non farla lunga. L’attrattore-zero emerge in maniera talmente naturale, che è possibile rintracciarne ‘vagiti’ o forme più o meno compiute a qualsiasi livello, soprattutto nelle società liberali e democratiche, dove non è possibile (per questioni di coerenza) stabilire un ordine fondato sulla coercizione. Si rifletta, per capire meglio, su ciò che accade nel degrado delle periferie delle metropoli, nelle carceri, nelle scuole (bullismo), soprattutto quelle dei quartieri popolari malfamati, nei collegi, e finanche nei conventi, nei luoghi di lavoro, all’interno degli ambienti familiari addirittura… Sono strutture del tipo attrattore-zero le mafie, la malavita organizzata in genere, le tifoserie da curva, i gruppi estremisti, che siano neri o rossi, e, quando degenerano, anche i partiti politici in lotta per il consenso. Lo è, infine, la finanza scellerata.
Ciò spiega la necessità costante di una forza repressiva (quanto meno a mo’ di minaccia) quando, in una struttura sociale, di quelle che ho detto essere sufficientemente complesse, l’attrattore-zero viene soppiantato (grazie alla possibilità di mettere su un esercito da parte di un individuo particolarmente forte e carismatico) da un attrattore periodico del tipo prospettato da Polibio. Se poi si riesce ad arrivare al traguardo della democrazia (quella forma di governo in cui noi, da questa parte del mondo, siamo nati – quasi tutti, ormai, e questo forse ė il problema), conservare l’equilibrio diventa niente affatto facile. Da una parte premono lo stato di diritto e la libertà; dall’altra bolle un magma in cui le strutture di tipo attrattore-zero fluttuano e qualche volta, anzi spesso, forse sempre, riescono a sistemarsi in una nicchia stabile (da parassiti, si potrebbe dire) con forme di connivenza con l’ospite più o meno marcate. Ne ho fatto un accenno prima: mafia, camorra, ‘ndrangheta ecc. La democrazia è tutt’altro che perfetta, ma, ad ora, è il meglio che conosciamo, considerando la stabilità precaria della mente umana, soprattutto se esaltata dal potere.
Tornando ai social network, divenuti già da qualche anno una proiezione virtuale stabile delle realtà sociali (a livello globale), beh, non ci vuole molto a rendersi conto del rischio: è lo stesso che si corre nelle società ‘in carne e ossa’, anzi peggiore, essendo le azioni e le reazioni favorite dall’inibizione che emerge dalla mancanza di confronto personale. Essi, dunque, rappresentano un ottimo laboratorio sperimentale per lo studio degli attrattori-zero, capaci ivi di crescere a dismisura fino a riuscire a tracimare nel contesto sociale ordinario e causare disastri.
Conclusione. Il dilemma principale è questo: la democrazia per poter sussistere (ovvero per non degenerare in demagogia populistica e da lì avviarsi lungo il ciclo prospettato da Polibio, o un altro simile) ha bisogno di impegno e di controllo continui. Ma il problema vero può essere racchiuso tutto in una domanda, che ė quella che già ho posto nelle prime righe della prima parte di questa mia analisi: a chi tocca controllare i controllori? Conclusi, la settimana scorsa, dicendo che avrei espresso una mia opinione in proposito. Se ora dicessi di avere la risposta, non solo mentirei: sarei oltremodo presuntuoso. Una opinione non deve essere necessariamente una risposta: può consistere anche nel tracciare una mappa e indicare una direzione. Era questo, imio intento. In questo breve scritto, ho provato a mettere in ordine le idee perché era necessario farlo. Sarebbe impossibile cercare una soluzione senza avere consapevolezza dell’oggetto sulla quale la stessa deve essere calibrata. Ma quella soluzione bisogna trovarla, e anche con una certa fretta: certi fenomeni, se non frenati, seguono un andamento esponenziale, proprio come quello del contagio durante una epidemia. Io ho una sola certezza: che per venirne a capo sia necessario un meccanismo di feedback, del tipo di quelli che agiscono nella materia vivente per preservare l’equilibrio che le è necessario per la propria sussistenza. Le società complesse non sono molto diverse da un organismo.
Voglio sperare che ciò che è accaduto in America lo scorso 6 gennaio (unitamente a ciò che sta accadendo in tutto il mondo in questi ultimi anni) funga da stimolo, perché la democrazia è come un quadro appeso con il gancio sotto e richiede cura e attenzione. La democrazia va sorvegliata, perché quando ai suoi principi base, di libertà di espressione e di tolleranza, non si pone un limite, essa può degenerare in un mostro difficile da tenere a bada. La libertà, in democrazia, non è libertà di istigare alla violenza, non è libertà di provare a sovvertire la stessa democrazia. E ogni accenno di emergenza dell’attrattore-zero va soppressa, con i metodi della democrazia, naturalmente. Il modo giusto per poter fare tutto questo va cercato.
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