“Cosa sarà che fa crescere gli alberi, la felicità?” l’incipit della celebre canzone scritta da Ron e Lucio Dalla, in modo geniale e immediato fotografa la condizione enigmatica che vive l’uomo: dall’impossibilità di tracciare vie sicure che portano alla felicità, già indefinibile di per sé, all’irriducibile mistero di cui sono avvolte le cose del mondo, nonostante le esaurienti spiegazioni delle scienze della natura. Le nuvole, il cielo, gli oggetti che formano le trame in cui noi viviamo, per quanto s-piegati e resi funzionali, conservano un alone di indecifrabilità, continuano a suscitare in noi uno stupore tutto metafisico, insomma, quella meraviglia, di cui parlava Aristotele, che è madre di ogni sentire e sentiero filosofico. Infatti, trovare le cause efficienti degli eventi non basta a spegnere le indomite domande che sempre animano il nostro pensare, acceso da perché più profondi e radicali ossia dalla ricerca, oserei dire, fisiologica delle cause finali. In effetti, sulla scia di diversi pensatori, possiamo sostenere che già l’Essere piuttosto che il Nulla è un fatto sufficiente a suscitare l’eterna primavera delle domande. La canzone continua con un elenco, volutamente slegato e senza un apparente criterio logico, di interrogativi, per cui ci sono più risposte ma mai la risposta, i quali mettono a nudo la paradossalità delle vicende umane, le quali restano, quasi sempre, non assimilabili né riducibili a schemi razionali: in fondo, la vita non è logica, non è mai contenuta o contenibile, al massimo ci contiene, inspiegabile e ineffabile com’è, si ripete, per questo, sempre nuova. Eppure nel succitato elenco ci sono gesti che emanano luce, segnano e significano, come “cercare il giusto dove giustizia non c’è”: qui l’uomo appare depositario di un senso morale innato, di un sapere etico inscritto nella sua ragione, come sosteneva Immanuel Kant nella famosa Critica della ragion pratica. Nonostante la sua costitutiva ignoranza metafisica, l’uomo, infatti, riconosce chiaramente ciò che è bene, forse non lo realizzerà, ma, in cuor suo, sa ciò che è giusto ed è teso, per questo, alla realizzazione progressiva di condizioni sempre più “reali” di libertà, contro forme di sopruso e prepotenza: “cosa sarà che ti spinge a picchiare il tuo re?”, questa ulteriore domanda, intimamente connessa alla precedente, mi rimanda alla tesi di Croce, secondo cui la storia è la storia della lotta per la libertà, la quale, opponendosi a ciò che la opprime, genera un nuovo agire, altri comportamenti. Tuttavia, in questo non sapere, in questo non capire, in questa vita finita a vent’anni, perché a vent’anni si smette di sognare e ci si arrende ai meccanismi massivi e imperanti che guidano le nostre società, c’è sempre spazio, in una sera, “di parlare del futuro” con un amico, sospinti, come siamo, da una forza inconscia e naturale, che ci induce a pro-gettare, a sporgerci in avanti, verso il futuro, secondo l’istinto che il filosofo Schopenhauer chiamava “Volontà di vivere”. Il finale del testo molto ermetico, è, a mio avviso, in linea con la vita e con i suoi misteri, che ci inquietano e, nel contempo, ci affascinano. Gli ultimi versi, infatti, ci restituiscono l’uomo che, tra “il coraggio e la paura”, ascolta “la notte che scende”, una notte che non lo lascia dormire, in cui la consapevolezza della propria solitudine affiora prepotente oltre il divertissement di pascaliana memoria, oltre l’affanno del commercio, tanto necessario quanto doloroso, con il mondo. E’ un momento di pura poesia, in un silenzioso equilibrio, l’uomo è tra le ali spiegate e il “guardare giù” e, fermo, coglie tutta la sofferenza del mondo e l’impotenza di poterne dare un senso. Ma, mi piace pensare, le ali sono fatte per volare e continueranno a farlo, anche perché, in fondo, la vita, parafrasando Fabrizio De André, “ ha la vita come solo argomento”.
Cosa sarà?
Che fa crescere gli alberi, la felicità
Che fa morire a vent’anni
Anche se vivi fino a cento
Cosa sarà?
A far muovere il vento
A fermare un poeta ubriaco
A dare la morte per un pezzo di pane
O un bacio non dato
Oh cosa sarà?
Che ti svegli al mattino e sei serio
Che ti fa morire ridendo di notte all’ombra di un desiderio
Oh cosa sarà?
Che ti spinge ad amare una donna bassina perduta
La bottiglia che ti ubriaca anche se non l’hai bevuta
Cosa sarà?
Che ti spinge a picchiare il tuo re
Che ti porta a cercare il giusto
Dove giustizia non c’è
Cosa sarà?
Che ti fa comprare di tutto
Anche se è di niente che hai bisogno
Cosa sarà?
Che ti strappa dal sogno
Oh cosa sarà?
Che ti fa uscire di tasca dei “no, non ci sto”
Ti getta nel mare, ti viene a salvare
Oh cosa sarà?
Che dobbiamo cercare
Che dobbiamo cercare
Cosa sarà?
Che ci fa lasciare la bicicletta sul muro
E camminare la sera con un amico
A parlà del futuro
Cosa sarà?
Questo strano coraggio, paura che ci prende
Che ci porta a ascoltare
La notte che scende
Oh cosa sarà?
Quell’uomo e il suo cuore benedetto
Che è sceso dalle scarpe e dal letto
Si è sentito solo
È come un uccello che in volo
È come un uccello che in volo
Si ferma e guarda giù