Condannati a una vittoria e salvati da una sconfitta

La scelta è una soglia che ci conduce a un altro sé. È una camera di trasformazione. Quando scegliamo, cambia il nostro modo di essere e agire, presente e futuro.

Posti davanti a un bivio, quasi mai siamo in grado di comprendere da subito se abbiamo optato per la soluzione migliore.  Solo il tempo ci restituisce il bilancio autentico delle nostre scelte, ma lo fa, a volte, con esasperante lentezza.

Come capire allora se stiamo vincendo o perdendo? Non è semplice. Vittoria e sconfitta non sono punti di riferimento assoluti. Dipendono da parametri variabili, dalle regole del gioco messe in campo, dagli obiettivi che ci prefiggiamo.

Ma gli stessi obiettivi non sono granitici, immutabili. Quello che oggi ci appare come un traguardo da raggiungere a tutti i costi, domani può diventare qualcosa di irrilevante.

Una sconfitta, nel corso del tempo, può rivelarsi una vittoria?

In una visione a lungo termine, sì. Può addirittura diventare un passaggio fondamentale del nostro percorso esistenziale, pur conservando la sua natura di fallimento relativamente a quel singolo segmento esperienziale.

In Lascia stare, Samuele Bersani canta: <<Se vuoi vittoria avrai vittoria, se vuoi sconfitta avrai sconfitta, però il destino in naftalina mai non chiudere in soffitta>>. Vincere o perdere dipende da noi. Quello che cambia non sono i fatti in sé, ovviamente, ma la percezione che abbiamo degli stessi. E questa conta più di tutto per i nostri universi personali. Solo la rassegnazione a una condizione di immobilità, all’idea di un destino di cui siamo ostaggio, porta a un’autentica e definitiva sconfitta.

Le sconfitte possono diventare degli scalini che con fatica ci portano in alto.  <<L’esperienza è il nome che diamo ai nostri errori>> scriveva Oscar Wilde. È anche vero, quindi, che gli errori sono lezioni. Le più importanti, perché le viviamo sulla nostra pelle. Entrano dentro di noi in modo irreversibile.

Ma spesso, siamo noi a cercare le nostre sconfitte. Perché perdere, a suo modo, è confortante. Ci deresponsabilizza. Possiamo restare stesi per terra, con il respiro corto, a pensare, pregare, sputare veleno. Sconfitti e immobili. Non dobbiamo fare altro. Possiamo crogiolarci in una stasi confortante. La sconfitta può diventare un’irresistibile tentazione in alcuni momenti della nostra vita.

Un’antica maledizione recita più o meno così: che tu possa avere tutto ciò che desideri. Si può essere condannati a una vittoria ed essere salvati da una sconfitta. Non sempre ciò che vogliamo è il meglio per noi. Alle volte è un veleno che ingeriamo a cuor leggero. Un modo in cui ci autodistruggiamo col sorriso sul volto, senza nemmeno sospettarlo.

La mutevolezza feroce della vita è una benedizione. Finché abbiamo respiro paradiso e inferno non sono eterni. Tutto è temporaneo. Tutto finisce. Questo può spaventare per l’abisso di precarietà che si porta dietro, però è anche un sollievo che alleggerisce ogni dolore, regalandoci una prospettiva di fuga. Vittoria e sconfitta rappresentano entrambe la vita. Non possiamo che accoglierle, come compagne di viaggio, nel nostro percorso. Lungo la strada. Con passo fermo e cuore sereno.

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