Endemico? Ma va……..

Abbiamo bisogno degli estremi, delle linee nette di demarcazione, dei contrasti netti perché ci permettono di capire in maniera chiara, ci permettono di schierarci, nel bene e nel male …appunto. Yin e Yang, i pendoli che oscillano “tra la morte e la noia”, gli estremi (o almeno uno dei due) ci spaventano ma contengono anche l’opposto che come obiettivo raggiungibile ci dà speranza, quello che sconcerta è la zona grigia, la terra di nessuno, la palude. Tra il concetto di pandemia e quello di endemia ( dal fr. endémie, der. del gr. endḗmon (nósēma) ‘malattia che è nel popolo’, der. di dêmos ‘popolo, regione’), è il secondo che sconcerta, spaventa, destabilizza richiama ad una sorta di impotenza rassegnata che non dà futuro, ad una resa dignitosa. Siamo in questa fase, sarà poi vero? Basta già pensarlo per essere risucchiati da un baratro. Il covid sta diventando endemico, il razzismo è ormai endemico, la precarietà è endemica, la crisi ambientale, il narcisismo, la crisi della politica, perfino le morti sul lavoro sono fenomeni che ormai vengono trattati come strutturali e quindi non risolvibili, tutt’al più contenibili ma non eliminabili, una sorta di nuovo DNA della contemporaneità. Rivendico il diritto alla indignazione e alla rivolta, bisogna rifiutare il concetto (o almeno ciò che psicologicamente comporta) di “endemia”, la sua funzione paralizzante, l’accettazione pigra del presente, se il presente non piace lo si cambia e si lavora per il futuro. Uno dei miei autori di riferimento , Ernst Bloch, in piena crisi dell’Europa ( tra gli anni “30 e “40) ha elaborato il Principio Speranza “Ne Il principio speranza, Bloch mostra come la coscienza anticipante dell’uomo, la sua capacità di anticipare i progetti più alti mettendo in moto lo sviluppo storico, si manifesti sia nelle piccole forme storiche quali: i sogni e le aspirazioni che caratterizzano la vita quotidiana, il mondo fantastico delle favole, i racconti dei films e degli spettacoli teatrali, le utopie sociali sia nelle grandi concezioni religiose, filosofiche. In tutte queste forme della coscienza anticipante dell’uomo, l’elemento fondamentale è la speranza, la quale non è qualcosa di puramente soggettivo ma aspetto reale dello sviluppo concreto dell’essere”. Non è la prima volta che mi affido a questa riflessione, oggi siamo in una fase in cui bisogna riprenderla. Dobbiamo superare la fase dell’accettazione “inevitabile”, di accontentarsi del meno peggio, bisogna volare alto, partire dalle piccole cose, dal quotidiano, siamo noi gli artefici del nostro destino, scrolliamoci la paura di dosso, non accontentiamoci di sopravvivere riprendiamo a vivere e quindi vacciniamoci che è la maniera più immediata per contrastare  la pandemia, manifestiamo le nostre idee, battiamoci per esse, non giriamo la faccia davanti ai soprusi quando non ci riguardano direttamente, battiamoci per un mondo diverso, vincere e correre anche il rischio di perdere,  non rintaniamoci nelle nostre “confort zone”. “La nostra coscienza del presente, che noi crediamo chiara, in effetti è offuscata: alla base del faro non c’è luce; noi dobbiamo dirigere la sua luce della speranza su ogni attimo della nostra vita presente, altrimenti la luce del faro si perde nella notte del futuro” (E.Bloch).

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