LUSIA HARRIS: LA  CESTISTA STATUNITENSE CHE SI RACCONTA IN “THE QUEEN OF BASKETBALL”  DEL REGISTA CANADESE BEN PROUDFOOT,  FILM VINCITORE DELL’OSCAR 2022  NELLA SEZIONE CORTOMETRAGGI – DOCUMENTARI

     Il suo nome è in bella mostra nel prestigioso elenco del “Naismith Memorial Basketball Hall of Fame”,   istituzione che celebra i cestisti più virtuosi e rappresentativi degli Stati Uniti.  Un metro e novantuno di altezza e pivot che non perdeva un canestro, con lei in campo la sua squadra andava a nozze, difficilmente perdeva.  Lusia Harris è stata la prima atleta nella storia del basket  degli Usa ad essere scelta per giocare nella Nba maschile. Nel 1977 venne ingaggiata dai New Orleans Jazz, ma, presa da qualche dubbio e “pensando che non sarebbe stata all’altezza” rinunciò. Un anno prima, ai giochi olimpici di Montreal il basket femminile  finalmente faceva ingresso  tra le altre discipline e il nome della Harris entrava nella storia per aver realizzato il primo canestro olimpionico in versione rosa. In quell’occasione gli Stati Uniti  persero col Giappone, ma poi  cammin facendo la Harris e le sue compagne si ripresero riuscendo a salire sul podio  dell’argento (l’oro se lo aggiudicò l’Urss). Nata nel 1955 a Minter City, una piccola località nel Mississippi del Sud, Lusia è la decima di undici figli di una coppia di raccoglitori di cotone. Da ragazza studia,  lavora nei campi e gioca a basket  sperando di raggiungere un giorno la fama dei suoi idoli Bill Russell, Oscar Robertson, Wilt Chamberlain, Kareem Abdul Jabbar. Grazie al basket potrà entrare in un college, ma il basket del suo Paese le dovrà rendere sempre gratitudine per lo spettacolo reso,  tra  giocate incredibili  e caterva di canestri.  Al titolo nazionale porterà più volte la sua squadra, il Delta State  di Cleveland, memorabili rimarranno le sfide scudetto con  l’Immaculata College, un club di un’università cattolica seguitissimo dalle  suore dell’istituto, assatanate di tifo. Da  tempo sulla sedia a rotella, Lusia Harris è morta a 68 anni lo scorso mese di gennaio. Peccato, non ha potuto godersi la gioia per   l’Oscar 2022 assegnato (sezione cortometraggi e documentari) al lavoro  di  Ben  Proudfoot,  “The Queen of Basketball”, dove la Harris con il suo bel faccione (ripreso in primissimo piano) e una risata contagiosa   in poco più di venti minuti   ricorda l’infanzia e la sua numerosa famiglia, racconta i  successi sportivi e il dopo carriera, mentre immagini di repertorio contrappuntano il suo incredibile talento. Realizzato, tra l’altro, sulla digitalizzazione di quasi diecimila negativi e sedicimila metri di pellicola, il  piccolo film del regista canadese è diventato con la scomparsa della Harris un classico “ultimo racconto di vita” che  riconosce tutto quello che c’era (c’è) da riconoscere ad una cestista immensa. E ad una  straordinaria donna.

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