I mandala sono diagrammi simbolici, composti da circoli e quadrati concentrici, arricchiti da ulteriori figure e forme geometriche che si ripetono al loro interno. Rappresentano l’universo. Sono un’espressione della spiritualità buddista e induista. Possono essere costruzioni semplici o estremamente complesse. In alcuni casi sono vere e proprie opere d’arte.
Nel buddismo tibetano, i mandala vengono realizzati con la sabbia colorata. In passato si utilizzavano anche pietre preziose. I monaci inizialmente tracciano i contorni del mandala su una superficie piana, con un gesso o una matita. Una volta che la struttura è stata allestita, milioni di granelli di sabbia vengono fatti scivolare al suo interno, grazie a un imbuto di metallo chiamato chakpur.
A ogni monaco viene assegnato uno dei quattro quadranti in cui viene diviso il mandala. Così lavorano insieme alla realizzazione della stessa opera.
I granelli di sabbia vengono disposti dal centro verso l’esterno. È un’operazione particolarmente laboriosa che può portar via anche alcune settimane. Dipende dalla quantità di dettagli che si vuole inserire.
Un lavoro che richiede, tempo, precisione e dedizione. Con pazienza i monaci danno vita a delle opere magnifiche.
Un attimo di perfezione che si dissolve però nel momento successivo al suo completamento. Quando il mandala viene terminato, saranno gli stessi monaci a disfarlo. Tanto è il tempo per la realizzazione di un mandala, così poca la sua durata.
Una metafora della fugacità dell’esistenza di ogni cosa a questo mondo, anche della più bella. Un invito ad imparare il principio del non attaccamento, a capire che tutto è temporaneo e nulla dura per sempre.
Per citare lo scrittore Chuck Palahniuk: “Un momento è il massimo che ci si può aspettare dalla perfezione”.
In questi tempi in cui noi stessi, spesso, ci percepiamo eterni, quella del mandala diventa un’utile riflessione sul tempo e sull’esistenza.