Una cometa del diametro di svariati chilometri è in rotta di collisione con la Terra. Entro sei mesi il genere umano verrà cancellato. Don’t Look Up si apre con una premessa degna di una classica pellicola catastrofica. Ma il film di Adam McKay è altro.
La dottoranda di Astronomia e il suo docente Randall Mindy, interpretati da due ispiratissimi Jennifer Lawrence e Leonardo DiCaprio, scoperta la verità sull’immane sciagura che sta abbattendosi sul pianeta decidono di avvertire le autorità.
In una susseguirsi di situazioni sempre più paradossali, i due si scontrano con la grettezza e la superficialità di un mondo che, parafrasando il titolo, non vuole guardare in alto. La testa è sempre piegata sul display di un cellulare, sul monitor di un computer o sullo schermo di un televisore. A bere avidamente amenità, a interessarsi della vita amorosa delle star, di ogni frivolezza, mentre fuori il mondo va a pezzi. Verrebbe da pensare a Valerio Aprea, quando nella dissacrante serie TV Boris, afferma: “(…) Un Paese di musichette mentre fuori c’è la morte.”
I due scienziati come versioni contemporanee di Medea cercano invano di convincere le istituzioni del rischio mortale che il pianeta Terra sta correndo.
Arrivati alla Casa Bianca, però, vengono assorbiti da un’atmosfera via via più surreale. Un generale li truffa vendendo loro degli snack in realtà gratuiti. Sono costretti ad aspettare per ore, solo per essere rimandanti al giorno successivo. Da qui in poi la situazione precipita. Il presidente degli Stati Uniti, Janie Orlean, interpretata da una sfolgorante Meryl Streep, e il suo incapace figlio, interpretato da Jonah Hill, sono trincerati nella più gretta ottusità. Quello che conta sono i voti, il consenso, il resto, anche una catastrofe apocalittica, diventa una questione di secondo piano.
Il tentativo da parte di Randall e della sua dottoranda di utilizzare la televisione per svegliare le coscienze ha degli sviluppi inimmaginabili. La ragazza diventa oggetto di una campagna d’odio insensato e le sirene della fama vincono Randall che si ritroverà, suo malgrado, a diventare un’icona sexy, un personaggio noto e amato a livello planetario. Assistere a questi momenti del film rievoca, inevitabilmente, gli eccessi di alcuni uomini di scienza nostrani che, durante questo periodo pandemico, hanno ceduto alle lusinghe della televisione trasformandosi in uomini di spettacolo.
Il motto “don’t look up”, non guardare in alto, con cui il presidente cerca di portare consensi dalla propria parte è una paradossale, quasi fideistica richiesta rivolta alle persone affinché non prendano coscienza della situazione reale, ma continuino la loro vita come se nulla fosse. La minaccia della cometa potrebbe essere letta come metafora del riscaldamento globale, fenomeno di cui siamo a conoscenza, ma che non sembra preoccupare più di tanto le persone, perché proiettato in un futuro, che sebbene vicino, non ci appartiene ancora. Procrastinare le soluzioni ai problemi, soprattutto quelli di enorme portata, sembra una cattiva abitudine che, come genere umano, non riusciamo ad abbandonare.
Non manca nel film, l’imprenditore miliardario, legato al mondo della tecnologia, che guida la politica da dietro le quinte, in un gioco di avidità e superbia. I suoi prodotti sono fortemente invasivi. Permeano la vita di chiunque li possieda. Questo alimenta il suo ego in modo spropositato. E proprio lui che lavora con le emozioni attraverso i software degli smartphone, sembra non averne.
Don’t Look Up è un film difficilmente classificabile. Le corde toccate sono molteplici. A tratti lo spettatore avverte la frustrazione dei protagonisti. Una storia amara e divertente, un ode alla disillusione, ma anche una parabola illuminante. Sicuramente un film da vedere e da rielaborare con calma dopo la visione.