Il voto francese per l’Assemblée National, ci dice molte cose ma forse un po’ diverse da quello che tanti commentatori politici, soprattutto italiani, gli fanno dire. Per evitare “confusione” e cogliere meglio le molte indicazioni importanti che pur contiene, conviene fare alcune riflessioni.
Il sistema elettorale Francese è molto diverso dal nostro, è cucito addosso al paese, prevede il doppio turno in un sistema costituzionale con un modello presidenziale (qualcuno parla di repubblica monarchica) talmente forte da prevedere una serie di poteri che condizionano le funzioni del “parlamento” (l’Assemblée), anzi, come per altro avviene in Usa, i due sistemi , quello presidenziale e quello parlamentare vedono risultati elettorali contrapposti per una sorta di meccanismo di compensazione ed equilibrio tra i partiti operato dagli elettori, la novità è che non avendo la maggioranza in Assemblée, Macron dovrà cercarla e questo è un segnale preciso nei confronti di un “personaggio” spesso accusato, anche dai suoi, di “cesarismo”.
Mélenchon , di origini socialiste/trotskiste ( che in Francia rappresenta una grande tradizione) è un pieds-noirs nato a Tangeri, fondatore (come Macron) di un partito “La France Insoumise“, nato per appoggiare la sua candidatura alle presidenziali del 2016 con un modello, dal punto di vista tecnico simile a quello di Macron, che vede l’abbandono delle case madri ormai obsolete e sclerotizzate per costruire progetti nuovi e competitivi. Operazione vincente in passato per il centro ed ora finalmente vincente anche per la sinistra. E qui troviamo la prima importante novità che potrebbe riguardare anche l’Italia.
Giovanni De Mauro sull’ultimo numero di “Internazionale”, coglie bene questo snodo: “Una vecchia barzelletta dice che quando due militanti di sinistra si incontrano fondano tre partiti. Anche solo per questo, l’esperimento tentato in Francia da Jean-Luc Mélenchon andrebbe salutato come una novità positiva: per una volta si è cercato di unire anziché dividere. Il programma della Nuova unione popolare ecologista e sociale (Nupes), così si chiama l’alleanza tra il partito di Mélenchon (La France Insoumise), socialisti, comunisti e verdi, non è una semplice serie di slogan gridati dall’opposizione, ma è il risultato di un preciso sforzo di elaborazione, compiuto insieme dai quattro partiti, per definire un progetto di governo fortemente orientato a sinistra.”
Il risultato elettorale ci dice che aveva visto giusto perché non è una operazione “alchemica” di gruppi dirigenti che vogliono solo salvare sé stessi.
La sinistra italiana, nelle sue varie accezioni, non ha mai tentato una operazione di questo tipo, ed in un sistema politico ormai esangue dove i “nuovi partiti” continuano a perseguire un modello che ricalca quello dei “vecchi” senza avere il collante della ideologia e che sono diventati solo la somma di “tanti comitatini elettorali”, alimentando una logica identitaria e conservativa che sembra dire “uniti si ma a partire da me”. Questo spiega anche il grande successo del M5s alle ultime politiche, che oggi appare decisamente fallimentare, ma allora l’elettorato giudicò l’unico innovativo del panorama politico.
Il risultato elettorale della Le Pen, anche esso straordinario, si muove invece, ed anche questo è interessante, in un altro schema più tradizionale ed identitario che pur esiste e che viene coperto da una proposta politica molto di “pancia” ma nello stesso tempo più moderata rispetto al passato, di questo bisogna rendere merito alla sua leader che ha saputo leggere la crisi dei ceti popolari prima e ora di quelli medi tradizionalmente rappresentati dal “gollismo”. Ma è un risultato che preoccupa poco perché residuale, i momenti di crisi e di passaggio spesso premiano le radicalizzazioni “politiche”, salvo poi superarli velocemente, la storia recente ce lo insegna.
Veniamo alla dottrina (faccio lo spiritoso): Marx in una delle sue opere più godibili ed importanti , “Ideologia Tedesca”, consuma il suo distacco dall’hegelismo con l’elaborazione della “concezione materialistica della storia” e l’utilizzo del concetto di struttura e sovrastruttura, per altro concetto ampiamente equivocato e “reindirizzato” dalle riflessioni di Antonio Gramsci.
Posto che l’elemento “strutturale” è Il modo di produzione della vita materiale e che esso condiziona il processo generale di vita sociale, politica ed intellettuale,che cosa è la Politica? La risposta , mai diretta, va scavata nel testo e ancora una volta ci viene in soccorso Gramsci: la Politica è una sovrastruttura “particolare” l’altra faccia di una stessa medaglia, quella che abbiamo chiamato sistema produttivo.
Allora in un momento in cui entra in crisi la Globalizzazione, gli equilibri mondiali che ci hanno governato da un secolo, scoppia una Terribile guerra d’invasione in piena Europa, lo stesso modello di produzione economica sconta le sue incompatibilità con la sopravvivenza del pianeta, l’antropocene ha raggiunto i suoi limiti, è evidente, che “l’altra faccia” debba cambiare, la politica o si adegua alle mutazioni strutturali o non svolgerà più alcun ruolo rispetto ai processi economici, per dirla con il pensatore di Treviri non istaurerà alcun rapporto dialettico con il “modo di produzione”. Questo è il vero dramma, questo il senso della crisi della politica di cui ci riempiamo la bocca, la ragione del governo finanziario dell’Europa e dei vari governi tecnici non ultimo quello di Draghi. Per essere chiari io non penso ad un crollo automatico del “capitalismo” e all’avvento del “Sol dell’Avvenir” ma sono certo che il modo di produzione, quello capitalistico, stia ripensando sé stesso tra milioni di contraddizioni ma ancora non riesce a venirne a capo e quando e se ci riuscirà lo farà a spese dei ceti sociali più deboli. E’ la storia che ce lo insegna.
In Francia è forse cominciato un percorso politico, ma anche altrove. Gli esiti sono tutt’altro che scontati, la durata incerta, ma se vogliamo orientarci guardiamo ad esso e non attardiamoci ai “conti” da bottegaio che tanto affascinano la politica italiana e i suoi gruppi dirigenti.